La mostra
Lorenzo Lotto
2 marzo - 12 giugno 2011
a cura di Giovanni Carlo Federico Villa
Nel 1509 giunge a Roma, chiamato da papa Giulio II, il talentuoso ma schivo trentenne Lorenzo Lotto.
Lascia la tranquilla provincia veneta e marchigiana per il grande cantiere del classicismo rinascimentale, allora attivi i lombardi Bramante, Bramantino e Cesare da Sesto, i senesi Sodoma e Domenico Beccafumi, Michelangelo e soprattutto Raffaello con i suoi allievi, a fianco del quale il veneziano avrebbe dovuto lavorare. Ma dopo neppure un anno, colui che si racconterà sessantaduenne “solo, senza fedel governo e molto inquieto nella mente”, abbandonerà ogni incarico riprendendo quell’inquieto vagabondare che lo condurrà all’emarginazione, tanto provocata che subita, fino a spegnersi oblato nella Santa Casa di Loreto.
Oggi vi è la concreta possibilità – dopo le grandi mostre monografiche dedicate a Lorenzo Lotto da Venezia nel 1963 e da Bergamo, Parigi e Washington nel 1998 – di narrare compiutamente, con un serrato percorso visivo che ne contempli tutta la produzione, dalle opere devozionali alle grandi pale d’altare, l’arte di uno straordinario solitario in quella Roma che non riuscì a comprenderlo fin da quando, nell’ottobre 1509, l’impresa vaticana fu affidata per intero alla responsabilità di Raffallo. Con il legame tra i due artisti che diverrà nel tempo una pagina misteriosa e affascinante, ancora tutta da decifrare e che va senz’altro letta non in direzione unica, ma secondo una dinamica di reciprocità che recenti studi ed acquisizioni testuali stanno mettendo in luce. Così come l’ampia messe di studi suscitata dalle celebrazioni del 1998 attende ora una compiuta messa a punto che solo un’importante esposizione monografica può offrire.
Prendendo in considerazione tutta la vicenda pittorica ed esistenziale di Lorenzo Lotto, racchiusa entro il triangolo Treviso, Bergamo e alcune piccole cittadine delle Marche, un ambito provinciale consapevolmente scelto in controtendenza rispetto alla capacità di attrazione dei grandi centri di produzione artistica, obbiettivo precipuo della mostra sarà l’evidenziare ed esaltare la poetica di un uomo che, nato nel Quattrocento, riesce in modo del tutto originale e autonomo a cogliere della tradizione l’architettura della massa corporea e la compostezza della composizione, anticipando l’età barocca con l’animazione drammaturgica delle sceneggiature e il movimento attoriale della figura umana.
Così, partendo dalle suggestioni compositive belliniane impara da Antonello, per il tramite di Alvise Vivarini, a guardare l’animo umano per narrarlo in una messa in scena ove è Dürer a essere rifermento primo, in quegli sprazzi di luce fredda e piani taglienti che sono agli antipodi della morbidezza e fusione coloristica del contemporaneo Giorgione. Componendo secondo ritmi serrati, sottolineati dall’intrecciarsi di sguardi e dalle attitudini variate di personaggi immersi in atmosfere trascoloranti legate dal realismo dei particolari, in un patetismo di rappresentazione e nella visione di una natura misteriosa e inquietante che guarda poi a Grünewald e Hans Holbein, ispiratori primi di una religiosità intima e sofferta, di quel patetismo popolaresco memore pure della statuaria di Gaudenzio Ferrari al Sacro Monte di Varallo.
E, dopo gli esordi trevigiani e bergamaschi, sarà la Trasfigurazione per la marchigiana Recanati a legare i modelli raffaelleschi con la sua eterodossa formazione, mostrando repentini scatti espressivi e schemi compositivi complessi, le figure in pose macchinose, che evidenziano come il trionfante classicismo romano abbia turbato le certezze veneziane e nordiche di Lorenzo senza mai convincerlo, sperimentandolo quasi per avere conferma della sua inefficacia.
Una vicenda umana che la mostra narrerà tramite un’oculata scelta di opere e un percorso attraverso i grandi temi, in primis lo sviluppo cronologico della pala d’altare cui sarà dedicato in toto il primo piano delle Scuderie del Quirinale. Aprendosi la prima sala con le prime ancone venete e i capisaldi della sua arte conservati a Recanati. Seguite dalla stagione bergamasca testimoniata dalla Pala di San Bernardino di Bergamo, ove i sacri attori animano l’aperta campagna, protagonisti di una sacra conversazione priva di ogni ritualità, ogni atto amabile e confidenziale: con un gesto quasi da popolana la Madonna sembra dichiarare che tutta la verità è lì, nel Cristo bambino e benedicente. E lo sguardo penetrante che l’angelo ai piedi del trono rivolge allo spettatore, registrandone paziente le suppliche, vuole stabilire un legame, coinvolgerlo in una conversazione a cui tutti possono e sono chiamati a partecipare. Così come incitano a fare gli angioletti in primo piano che gettano petali di rose, tratti da una cesta di vimini – al contempo oggetto d’uso quotidiano e documento di questa secolare tradizione artigianale nel territorio – nella Madonna del Rosario di Cingoli. Tutto esposto secondo quella narrazione minuta che contraddistinguerà poi opere come la Pala di Santa Lucia di Jesi, esempio di colorismo brillante e di composizione concitata, di luce che splende sulla santa e trapassa mutevole sui personaggi, indugiando nei particolari di una manica gonfia, di un cappello a terra, della bacchetta impotente del giudice, nei volti variamente mossi dei personaggi
Ma accanto alle pale vi saranno le opere di devozione privata portando in mostra, ad esempio, le diverse versioni del San Girolamo penitente – immerso in paesaggi che da nordici diverranno poi solari ma sempre inquietanti per il carattere antropomorfo di elementi naturali – o le splendide redazioni dell’Annunciazione, ricche di ironia negli angeli plananti e poi intensissime negli “occhi dell’Annunciata di Recanati, si pensa di poter dire siano i più commoventi della pittura. Spalancati, con le pupille grandi come laghi cupi nel buio; laghi del cuore, dove un’anima s’affaccia e spaura, timida di confessarsi, torbida quasi per troppa innocenza [...]. Capolavoro della trepidazione, della tristezza: i sentimenti inevitabili del Lotto” nella parole di Arcangeli. E, infine, si coglierà il senso più profondo della poetica lottesca nei ritratti, così da coglierne quella grandezza cui il confronto con Tiziano ha troppo a lungo nuociuto, tanto da far tornare alla mente i celebri passaggi della lettera del 1548 indirizzatagli da Pietro Aretino che, con ironia da lenone, vanta la superiorità dell’amico cadorino: “lo essere superato nel mestiero di dipingere non si accosta punto a non vedersi agguagliare ne l’offizio de la religione. Talché il cielo vi ristorerà d’una gloria che passa del mondo la laude”. E nei ritratti Lotto si mostrerà pari se non superiore all’occhio contemporaneo, grandissimo nel considerare sempre ogni individuo non il protagonista di una storia, ma una personalità precisa. All’opposto di quelli di Tiziano, i volti di Lotto sono i primi ritratti psicologici: non di imperatori e papi ma di gente della piccola nobiltà o della buona borghesia, di artisti, letterati, ecclesiastici. E la sua modernità è nel fare del ritratto un dialogo, scambio di confidenze tra un sé e un altro. In mostra si partirà dai ritratti trevigiani, quali il vescovo Bernardo de’ Rossi ora a Capodimonte, ove vi è tutta la poesia del giovane Lotto che affianca al saldo impianto plastico un’acuta definizione psicologica, assemblando Antonello e la pittura nordica, così come nel Ritratto di giovane con lucerna (Broccardo Malchiostro), del Kunsthistorisches Museum di Vienna. E accanto ai ritratti si porranno i cosiddetti “coperti”, pannelli protettivi del ritratto a sottolineare e indagare allegoricamente i caratteri del personaggio: dall’Allegoria del Vizio e della Virtù all’Allegoria della Castità della National Gallery of Art di Washington. Emblematica chiusura della mostra sarà la Presentazione al Tempio del Palazzo Apostolico di Loreto, dipinta con mano tremolante, priva di ogni retorica nella composta e penetrante commozione. L’ultima sua tela, l’“opera più meravigliosa, dal punto di vista psicologico: ed altrettanto si può dire della sua materia pittorica, usata con una modernità che richiama certi modi degli impressionisti” chiosa Berenson.
Come già per Antonello da Messina e Giovanni Bellini, la mostra sarà anche occasione per un ampio riesame degli stati conservativi e della tecnica delle opere di Lotto. Nel periodo di transizione tra le prassi pittoriche quattrocentesche e quelle che saranno le novità cinquecentesche nell’Italia settentrionale, caratterizzate da personalità quali Leonardo e Giorgione, come pure dall’ultimo Giovanni Bellini, frequenti appaiono infatti le sperimentazioni tecniche. Novità sia in merito all’uso del disegno sottostante, impiegato come base per la costruzione del dettato figurativo, sia soprattutto in relazione ai materiali adoperati nella pittura. Studi recenti, condotti su diverse opere di Lorenzo Lotto in collezioni pubbliche in prevalenza straniere, hanno mostrato non solo un uso disinvolto di impasti cromatici atti a ottenere colorazioni “nuove”, ma anche l’impiego di pigmenti mai prima documentati in pittura, quali un giallo di antimonio in forma, ancora poco nota, di vetro macinato: probabilmente il “zalolin de vazari” citato nel Libro delle spese diverse ove Lotto annota un po’ di tutto, in un’umile cronaca fatta di commissioni di lavoro, di quadri fatti e venduti, di soldi ricevuti e da ricevere. Analoghe considerazioni si ritiene possano farsi, alla luce di ampie e nuove campagne di analisi, per altri pigmenti quali il blu di smalto, le lacche rosse, ulteriori qualità di azzurrite e altri pigmenti che gli artisti più attenti provavano sulle loro tavolozze. Pigmenti che saranno parte delle cromie per certi versi rivoluzionarie proprio di Lotto e poi Tiziano, Tintoretto e Veronese.
Il catalogo della mostra sarà strutturato tematicamente, con saggi brevi e incisivi che coinvolgano non solo storici dell’arte ma anche eminenti specialisti d’altri ambiti che possano aiutare nella lettura dell’artista, e sarà affiancato da una coppia di volumi dedicati a Lorenzo Lotto in Lombardia, Lorenzo Lotto nelle Marche e Lorenzo Lotto in Veneto.
Autore: Giovanni C. F. Villa
Link alla mostra: http://www.scuderiequirinale.it/Mediacenter/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=308&explicit=SI
Gallery
Lorenzo Lotto, Triplice ritratto di orefice, 1530 circa
Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie - Foto Austrian Archives/Scala, Firenze [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Ritratto di Lucina Brembati, 1518 circa
Bergamo, Accademia di Carrara - Accademia Carrara-GAMeC, Bergamo [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Ritratto di Laura da Pola, 1543-1544
Milano, Pinacoteca di Brera [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Ritratto di Gian Giacomo Stuer e suo figlio Gian Antonio, 1544
Philadelphia, museum of Art, Jhon G. Johnson Collections, 1917 [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Ritratto di Andrea Odoni, 1527
Hampton Court, Collezioni reali [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Ritratto del vescovo Bernardo dé Rossi, 1505
Napoli, Museo di Capodimonte - © Photoservice Electa/Anelli - su concessione del Ministero per i beni e le Attività Culturali, Milano [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Nozze mistiche si Santa Caterina con il donatore Niccolò Bonghi
Bergamo, Accademia di Carrara - Accademia Carrara-GAMeC, Bergamo [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Madonna con il Bambino e i santi Caterina d'Alessandria e Tommaso, 1528 - 1530
Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie - Vienna, Kunsthistorisches Museum [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Il Trionfo della Castità, 1530
Roma, Galleria Pallavicini - Photoservice Electa/anelli, Milano [Zoom +]
Lorenzo Lotto, Annunciazione, 1534-1535
Recanati, Pinacoteca Civica, Villa Colloredo Mels - Pinacoteca civica, Recanati [Zoom +]