Facebook Twitter YouTube

Tra arte e scienza

Le indagini scientifiche: quando la scienza incontra l'arte

Nell’ambito di un ampio progetto di ricerca, in preparazione e intorno alla mostra monografica tenutasi alle Scuderie del Quirinale, nel corso degli anni 2010-2012 sono stati esaminati oltre 50 dipinti di Lorenzo Lotto tra il 1505 e il 1556 circa, presenti soprattutto sul territorio italiano. Scopo delle analisi - in sinergia con gli enti preposti alla conservazione e tutela delle opere - la valutazione e registrazione degli stati conservativi, in funzione o meno di restauri, e la conoscenza della tecnica pittorica di Lotto in rapporto agli artisti della sua epoca.
La complessa campagna di analisi, ideata coordinata e in gran parte svolta dall'Università di Bergamo (a cura di Gianluca Poldi e Giovanni Villa, del Centro di Arti Visive) ha beneficiato delle più moderne tecnologie portatili di tipo non invasivo. Le opere sono state quindi studiate prevalentemente in situ, ossia nei luoghi in cui abitualmente vengono conservate, mediante spettrometria in riflettanza nel visibile (vis-RS), fluorescenza dei raggi X (XRF, grazie alla partnership con la multinazionale di strumentazione scientifica Bruker Italia e Bruker USA), riflettografia infrarossa in due bande spettrali (0,8-1 micron e 1-1,7 micron, IR scanner), transilluminazione visibile e IR, IR falso colore, talora radiografia e fluorescenza UV. Per le opere conservate a Loreto si è potuto collaborare con i Laboratori diagnostici dei Musei Vaticani.
Sulla base dei risultati ottenuti dalle analisi non invasive sono state selezionate, per alcune opere sottoposte a restauri, le aree su cui svolgere microprelievi dai quali sono state successivamente realizzate sezioni stratigrafiche, studiate mediante microscopia ottica ed elettronica e microanalisi EDX dall’Università di Urbino e con micro-Raman dall’Università di Modena e Reggio Emilia.
Le analisi non invasive hanno permesso di chiarire le peculiarità tecniche di Lotto, dalla tipologia del disegno sottostante e dei ripensamenti, al tipo di pigmenti impiegati e alle loro modalità di utilizzo, ad esempio relativamente all’impiego in diverse combinazioni di lapislazzuli, azzurrite e loro mescolanze con lacche rosse. Particolarmente rilevanti risultano le alternanze, evidenziate dalle analisi vis-RS, di lacca rossa animale (tipo carminio) e vegetale (lacca di robbia) a seconda degli effetti desiderati, e l’impiego accanto al consueto giallo di piombo e stagno di un giallo di piombo e antimonio (giallo di Napoli), rilevato dalle analisi XRF già in suoi dipinti dei primi anni Trenta. Quest’ultimo è riferibile al “zalolin da vasarj” di cui Lotto scrive nel 1541 nel suo Libro di spese diverse. 
Le analisi microinvasive, svolte sul polittico di San Domenico (1508) e sulla Trasfigurazione (1511-12) di Recanati, e su due opere bergamasche, hanno permesso di accertare una serie di peculiarità raramente o per nulla segnalate nella letteratura sul pittore, come la presenza di litargirio (giallo di piombo) e di zafferano, l’esistenza di un giallorino ad alto tenore di stagno, l’uso di vetro trasparente macinato negli strati pittorici, la presenza di preparazioni colorate con terre e di imprimiture colorate, la ricchezza e la complessità di alcune stesure, specie nelle campiture verdi. 
Degli esiti diagnostici si è dato ampiamente conto nel catalogo della mostra romana, nei volumi Lotto in Veneto, Lotto nelle Marche, nel volume sui restauri promossi dal Credito Bergamasco (http://www.fondazionecreberg.it/editoriali/pdf_1318432080.pdf), negli atti del congresso nazionale 2012 dell'Associazione Italiana di Archeometria (AIAr).
Per approfondire.

I risultati dell'analisi riflettografica sul Polittico di San Domenico
Nel caso del Polittico di Recanati l'architettura era in origine più larga, con i pilastri più avanzati ed era estesa anche agli scomparti superiori, creando uno spazio unificato: Lotto decide di ridurla per far risaltare i santi superiori contro un fondo completamente nero e il raffinato colore violetto del tendaggio, e
soprattutto per dar spazio al lembo di paesaggio che dietro il San Vito ci mostra suoi colleghi armigeri solcare le boscaglie, in un brano di vita comune a quei tempi.

I risultati dell'analisi riflettografica sulla Trasfigurazione
Nel caso della tavola della Trasfigurazione, conservata a Recanati, già compromessa da antiche puliture e opportunamente restaurata in occasione della mostra, le riflettografie ottenute mediante il medesimo scanner infrarosso impiegato per il polittico di San Domenico (intervallo spettrale 1-1,7 micron) mostrano un interessante mutamento di intenzione in corso d'opera. In origine il Cristo era disegnato più in alto, con i piedi staccati dal suolo, come in una ascensione al cielo: il volto era frontale, accuratamente disegnato - probabilmente a pennello - fin nei riccioli e non ancora dipinto, le braccia aperte mostrando le palme delle mani. Già in gran parte dipinte erano le vesti, con un mantello probabilmente blu, prima che Lotto decidesse di cambiare radicalmente iconografia, poggiando il Cristo al suolo e facendolo argomentare con Mosè ed Elia, vestito con abiti di luce. Altre varianti si notano nella posizione del san Pietro ai piedi del Cristo, in una serie di modifiche che indicano la complessa elaborazione del tema da parte del pittore, alla ricerca di nuove soluzioni espressive dopo il soggiorno a Roma e la conoscenza della pittura di Raffaello. (cit. Gianluca Poldi e Giovanni C.F. Villa - CAV, Università degli Studi di Bergamo)

Tra arte e scienza: tecnologie di illuminazione e nuove dimensioni della percezione

Contrariamente a quanto si è ritenuto per molti anni, l’occhio non funziona affatto come una macchina fotografica. E’ quanto rivela Paolo Manzelli, professore ordinario di chimica fisica all’Università di Firenze che da anni studia le relazioni tra occhio, cervello e percezione luminosa. In poche parole, il modello che tutti noi abbiamo studiato a scuola che assimila la retina a una pellicola sensibile su cui la luce imprime un’immagine sembra essere definitivamente archiviato. Ciò che accade nell’occhio pare infatti molto più complesso: secondo attente ricerche, le frequenze luminose visibili manderebbero al cervello un flusso di informazioni che vengono elaborate dal nostro sistema neurologico. E questo a sua volta, creerebbe l’insieme dinamico di immagini che percepiamo, sotto il controllo del bagaglio genetico individuale, delle interazioni tra noi e l’ambiente che ci circonda.
Il che significa che percepiamo il mondo non come veramente è, ma mediante sensazioni cerebrali che interpretano la realtà generando immagini, suoni, odori e sapori, per decifrare un universo che di per sé non è colorato ed è silente, inodore e insipido. Ciò non vuol dire che la nostra elaborazione delle percezioni sensoriali sia pura illusione, ma che quello che percepiamo è frutto di una trasformazione della realtà, messa in moto dal cervello per favorire la nostra sopravvivenza, le nostre possibilità di indagine cognitiva e per regalarci emozioni preziose allo sviluppo della nostra creatività. In questo contesto assume un forte rilievo la recente scoperta delle funzionalità dei “neuroni specchio”, particolari tipi di neuroni che si attivano durante l’osservazione permettendo, tra le altre cose, di partecipare empaticamente all’oggetto della visione.
In ultimo, non bisogna trascurare che nel nostro occhio l’interazione tra coni e bastoncelli (i cosiddetti fotorecettori) e la luce visibile è molto influenzata dal tipo di sorgente luminosa che la produce. Non è un caso che molte ricerche nel campo dell’illuminotecnica si stiano concentrando sulla produzione di nuovi sistemi di illuminazione (lampade a fluorescenza, LED, OLED) capaci di creare ambienti a forte impatto neuro-estetico, ma anche di esser più efficienti dal punto di vista energetico e più adattabili a utilizzi creativi.

Fonte:

La chimica della luce, la chimica di Lotto!
Lo scorso 15 ottobre nell’ambito di BergamoScienza, insieme al Prof. Paolo Manzelli, ai lighting designer Francesco Iannone e Serena Tellini, al Prof. Giovanni C.F. Villa, si è tenuto un incontro per tentare di dare una risposta su cosa accade quando la luce entra in contatto con i pigmenti di colore che compongono un dipinto.
Scarica la sintesi dell’intervento del prof. Manzelli Modelli di percezione della realta di una rinnovata oggettivita neurologica